QUANDO DISEGNO IN GENERE CHIEDO AL MIO CERVELLO DI FARMI UN FAVORE

Ogni volte che qualcuno disegna qualcosa nella mia testa sta semplicemente ponendosi delle domande.

Ogni volta che si piazza un segno, una linea, una massa o un ombra si pensa sempre “questo potrebbe andare così” oppure “potrei provare a fare così”.

Disegnare, in qualsiasi stile o in qualsivoglia declinazione, è un combattere continuo con un cervello che si rifiuta di fermarsi continuando a dare stimoli.

Ero ad un corso e stavo discutendo coi ragazzi su cosa veniva messo piu’ spesso su internet: stavamo ragionando di come rendere un immagine attraente e “cliccabile”, uno di quei ragionamenti en passant che di solito ci portavano all’elaborazione di un tema interessante.

Alla fine è uscito fuori il concetto di “Selfie”, parola ancora astrusa per me che in tutta la vita ne posso aver fatti 5 o 6.

La parola è uscita fuori con tono dispregiativo, rievocando foto con labbra a canotto, foto in cui compaiono servizi igienici non proprio puliti, selfie con photobombing (alias foto in cui un terzo rovina la scena) o memes.

In generale il Selfie era percepito da quasi tutti gli studenti come una pratica da cerebrolesi e in effetti quasi nessuno di loro si faceva o se ne era fatto uno (una cosa che oggi come oggi ha del miracoloso).

Dunque, partendo dal concetto di Selfie-roba-brutta-per-persone-sceme  il tema è saltato fuori come per incanto: FACCIAMO FARE UN SELFIE AD UN CAVALIERE DEL MEDIOEVO.

La cosa puo’ sembrare scema, a qualcuno pure banale, ma non lo è.

E non lo è perchè impone al cervello dello studente una cosa basilare: una salutare serie di DOMANDE.

All’inizio i ragazzi sono spesso (per non dire sempre) disorientati. E’ tutto un fiorire di sguardi imbarazzati e domande incerte del tipo “come?” “cosa?” “ma cosa intendi?”.

Poi partono pian piano a fare domande o esempi e a fare paragoni.

“Ma è un cavaliere fantasy?”  E io “semplicemente un cavaliere nel medioevo”.

“Un paladino?” E io “boh, magari…tu come te lo immagini un paladino?”

“Ma è un bell’uomo?Oppure grosso e brutto?” E io “E’ un uomo che deve portare un armatura da svariate decine di chili…tu come lo vedi?”

E per far fluidificare tutto il ragionamento basta introdurre gradatamente una serie di altri input, in modo che la proiezione di questa idea diventi sempre piu’ concreta nella testa di chi la vuole disegnare.

“Ricordatevi che non esistevano i dentisti o che cmq se nascevi coi denti storti te li tenevi, era il medioevo.”

“Un cavaliere di solito per lavoro usava una spada o una mazza…secondo voi ha la faccia linda e pulita?”

“Nella foto presumo ci dovrebbe essere anche un cavallo…e cercate di immaginarvi in quali posti un cavaliere del medioevo passerebbe la giornata”

Alla fine lo stereotipo del cavaliere senza macchia sul cavallo bianco o del paladino coperto del sangue dei nemici è stato completamente smantellato e i ragazzi si sono esibiti nella realizzazione di sketches di bruti con espressioni da deficienti e in pose imbarazzanti.

Chi leccava la morning star, chi mostrava orgoglioso la chiave della cintura di castità della sua bella, chi veniva “fotobombato” dal proprio cavallo… con lo stesso occhio crudele con cui internet sminuzza qualsiasi tentativo di apparire di chi non cura la propria immagine all’eccesso.

Alla fine del “cavaliere” non rimaneva piu’ nulla: al suo posto un patetico truzzo di provincia che tenta di mostrarsi per ciò che non è.

E nel farlo ci racconta a sua volta un altra storia ancora…

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